PERCHE' NON SUCCEDA DI NUOVO (PER CAPIRE, PER RIFLETTERE, PER IMPARARE)

(pagine a cura di Luca Gianotti)

Da anni siamo impegnati per la sicurezza in montagna, in particolar modo nella conduzione dei gruppi. Da anni come presidente dell'Associazione La Boscaglia cerco di insegnare alle guide e agli accompagnatori volontari le regole semplici e fondamentali che consentono di condurre un gruppo in sicurezza. Questa volta la disgrazia ci ha toccati da molto vicino, un amico, un collaboratore della Boscaglia è disperso in una tormenta di neve mentre partecipava a una escursione organizzata da un gruppo escursionistico di Piacenza. Siccome da queste vicende c'è tanto da imparare, e di solito invece si preferisce mettere tutto a tacere, presi dal dolore e dalla voglia di rimuovere tutto, questa volta diciamo NO, queste tragedie devono essere evitate e noi apriamo questo spazio per far diventare il dibattito il più ampio possibile. Non vogliamo creare polemiche, aprire processi nè far del male al alcuno. Sono però argomenti dolorosi, e non è facile affrontarli. Sarebbe più semplice lasciar perdere... Ma ci alimenta solo la speranza che queste pagine facciano aumentare la consapevolezza nei camminatori che le leggeranno, la consapevolezza di chi cammina da solo, di chi cammina accompagnato in un gruppo e di chi cammina accompagnando gruppi. Dunque queste pagine sono uno spazio di riflessione aperto a tutti, inviate il vostro contributo a luca@camminoprofondo.it

In questi giorni le pagine sono cresciute oltre ogni previsione, con il vostro contributo, sono diventate pesanti come macigni. Ci auguriamo che servano a tanti, che ogni accompagnatore volontario, ogni guida professionista, ogni organizzatore no limits, ogni partecipante ad avventure anche solo minimamente pericolose, le legga, prima di muoversi. E che se qualcuno organizza di nuovo manifestazioni come quella di cui si parla qui, ci sia qualcun altro che queste pagine gliele serva su di un vassoio e gli chieda "Hai tenuto conto di questo?". Queste pagine rimarranno, grazie a internet, a disposizione di tutti.

 

In questa prima pagina raccogliamo le testimonianze dirette di chi era presente, nelle altre tre pagine trovete i messaggi che riceviamo, i commenti e le riflessioni e qualche foto.

In questa seconda pagina trovate i vostri messaggi

In questa terza pagina trovate le riflessioni, le analisi

A pag. 4 qualche foto di Stefano dal nostro archivio (e spedite da voi)

A pag. 5 l'epilogo: il ritrovamento di Stefano

LE TESTIMONIANZE DIRETTE


Ultima foto scattata prima della cima, ovviamente è solo una testimonianza, non rende il freddo e il vento fortissimo

Questa è una ricostruzione veramente impressionante di una partecipante amica di Stefano:

Mi tremano le mani perchè una volta di più mi rendo conto che siamo stati sprovveduti.
La proposta di questo trekking l'aveva fatta proprio Stefano a noi tutti.
Sapevamo poco dell'organizzazione, ti allego e-mail di Stefano (programma "Appennina" come presentato sul sito Otpgea e come trovate in fondo - ndr). L'unica cosa di cui eravamo sicuri era che era il decimo anno che si faceva quindi pensavamo di poter contare su una conoscenza approfondita del percorso da seguire e su vie alternative nel caso di brutto tempo vista la neve che era caduta nei giorni scorsi qui da noi. Fisicamente eravamo preparati a lunghi percorsi: i km mi preoccupavano, personalmente, ma venivo rassicurata dal fatto che essendo inverno quindi con poche ore di luce non ci sarebbero stati forti dislivelli di cui comunque non sapevamo nulla. Nulla di quel vento che sento ancora trascinarmi via, che non mi faceva respirare, mi graffiava la faccia, non riuscivo a vedere nulla. Forse abbiamo sbagliato noi a non informarci meglio, Stefano ha organizzato la nostra iscrizione: F. non poteva venire e M., indeciso fino all'ultimo per problemi di lavoro ha poi rinunciato.
Poi abbiamo saputo che aveva contattato l'organizzatore , un certo C., per poterci raggiungere a Varese Ligure e fare gli ultimi due giorni con noi, voleva farci una sorpresa. Dovevamo quindi essere in due, io e Mauro, poi abbiamo saputo da stefano che anche R. sarebbe venuto e con lui altre due ragazze della Boscaglia. Forse questo ci ha rassicurato anche sul gruppo. Ma eravamo in 27 e non conoscevamo nessun altro. Mercoledì sera abbiamo dormito da stefano per poter essere comodi al mattino e prendere il treno per Piacenza. Abbiamo sfogliato insieme il catalogo della Boscaglia guardando le foto del viaggio in corsica e parlando dei prossimi viaggi. Mauro e Stefano insieme a F. e ad altri amici di como stavano organizzando per febbraio un trekking in patagonia, dovevano partire il 12 febbraio.
Che qualcosa non tornava l'ho capito alla partenza del trekking appena scesi dal pulman. Siamo partiti scaglionati, ognuno faceva per sè, i "maratoneti" non hanno aspettato nessuno e uno l'ho visto partire in pantaloncini, maglietta e scarpe da ginnastica (quello che poi hanno trovato mezzo assiderato).
Nessuna parola sul percorso da seguire o forse non l'ho sentita io, ci siamo vestiti e abbiamo seguito un gruppo. Noi eravamo attrezzati contro il freddo ma non avevamo picozza, ramponi, nessuno li aveva. Ho vissuto con un senso di disagio quel primo giorno e anche mauro: stavamo insieme e stefano stava un po' con noi un po' con gli altri ragazzi che conosceva: ha un passo più veloce del mio e spesso lo perdevo di vista.
Grazie a R. non ci siamo persi anche il primo giorno: abbiamo recuperato un gruppetto che era andato avanti sbagliando direzione ad un bivio. Aveva iniziato a nevicare. Quando finalmente abbiamo raggiunto la strada e non ci si poteva più perdere, ho rallentato e mi sono data tregua: mancavano ancora alcuni km ma solo su strada. Stefano era davanti, era sereno e parlava con le ragazze della Boscaglia. Ho preso il mio ritmo e all'albergo io e mauro siamo arrivati per ultimi. Oltre alla distanza avevamo fatto anche il dislivello.
La sera a cena è stato piacevole, mi sono ripresa un po' e abbiamo fatto gruppo con gli altri ragazzi più vicini a noi - come modo di sentire. Mauro ha chiesto a R. ragguagli sul percorso del giorno dopo.
Quel giorno continua ad ossessionarmi, lo vivo come un incubo ma purtroppo sono sveglia, i ricordi non sono sempre lucidi e la disperazione di quei momenti in cui ho capito cha avevamo perso l'orientamento, del vento che non ci dava tregua, della neve che ci faceva perdere di vista, il terrore che ho provato quando ho visto mauro scivolare nel "canalone", tutto questo ora mi annichilisce anche se in quel momento ho reagito, non so come.
Siamo partiti alle 7.30, ovviamente alcuni ci hanno subito distanziato e sono andati avanti. Al solito quello con pantaloncini e maglietta. Era nuvoloso e nevischiava ma non forte, deve anche aver smesso.
Salivamo nel bosco, il versante era quello protetto dal vento man mano che salivamo mauro lo sentiva soffiare in alto. Mi preoccupavo di non rimanere troppo indietro, ma il gruppo che avevo davanti proseguiva ad una andatura più consona alla mia e quindi mi sentivo più traquilla, forse la stanchezza del giorno prima si faceva sentire. Stefano era avanti.
Fuori dal bosco andando avanti sul pendio verso il crinale o quella che era la vetta sono iniziati i problemi.
Ci eravamo abbastanza compattati, ma non so dirti in quanti eravamo.
Proseguivamo in fila indiana, uno dietro l'altro ma il vento non ci dava tregua più andavamo avanti più diventava violento non potevi perdere chi avevi davanti o rischiavi di non vedere più nessuno neppure le tracce. Testa bassa, bacchette strette tra le mani da puntare con forza per cercare di non perdere l'equilibrio, gli occhi fissi sugli scarponi davanti.
A tratti manca il respiro e ti pieghi su te stesso per contrastare la forza del vento. Quando abbiamo raggiunto la vetta non so più chi avevo davanti e chi mi seguiva, so che eravamo tutti per terra e strisciavamo tra la neve e le roccette, mi attaccavo alle rocce per non farmi sbattere via, pensavo: adesso si placa e mi darà anche solo un attimo di tregua ma non è successo e ho proseguito strisciando per non perdere di vista chi avevo davanti. Mauro cercava di starmi vicino e di non perdere di vista C., la guida.
Raggiunta la cima siamo scesi sempre strisciando dall'altra parte: con difficoltà abbiamo fatto pochi metri poi ci hanno fatto risalire o almeno abbiamo tentato ed è stato lì che ho percepito che non sapevamo più dove stavamo andando. Mentre cercavamo di risalire di traverso ho visto Stefano per l'ultima volta: era di fianco a me un passo sopra mi ha guardato e ha detto: Sei la Lilla.
Ho visto che il cappello era ghiacciato e anche sulla barba aveva del ghiaccio. In quel momento non ho percepito paura nella sua voce.
Non so se è subentrata dopo visto che qualcuno dice di averlo visto disorientato. Poi mi ha superato, vedo ancora le sue gambe sottili e nulla più. Erano momenti interminabili: risalire ulteriormente è impossibile sento C. dire che bisogna scendere, si sposta di alcuni metri e lo vedo scivolare, lo perdo di vista. Al mio fianco c'è V., Mauro è poco più in giù. Mi urla e mi fa segno che scende per vedere cosa si è fatto. Un passo e scivola anche lui. Urlo il nome di Mauro non lo vedo più e vado in panico.
Mi sono ritrovata da sola con V., ancora non riesco a capacitarmi del fatto che girandomi intorno non riuscissi più a vedere nessuno, eravamo soli, forse la risalita ci aveva dispersi allontanandoci di più. Non vedevo più nessuno. V. mi dice di scendere dobbiamo scendere anche noi. Ho paura ma mi convinco e scivoliamo, anche noi. Non so quanti metri ho fatto prendo alcune roccette mi capovolgo a testa in giù e prendo velocità. Alla fine mi fermo bloccata da mauro e forse da un avvallamento. Siamo salvi tutti e tre e C. è più avanti.
Con difficoltà continuiamo a scendere, V. continua a cadere davanti a me non sta in piedi gli urlo di alzarsi di puntare i piedi di non fermarsi ma è stremato e il vento continua a sbatterci da una parte all'altra.
Non so per quale miracolo Mauro, che è rimasto per ultimo, vede una racchetta e poco più in là si accorge di un'altro: è R. è ferito è una maschera di sangue e fatica a camminare. Più di una volta Mauro lo sorregge ruggero ha i crampi. Cerco di stare a metà tra C. e Mauro per non perdere di vista C. e farmi vedere da mauro. Lentamente e con difficoltà alla fine riusciamo a raggiungere prima un bosco e poi un sentiero, una specie di pista.
Imbocchiamo il sentiero e dopo un breve tratto troviamo un riparo, solo quattro mura e un tetto entriamo per ripararci dal vento. Io e Mauro aiutiamo R. a togliere lo zaino cercando di tranquillizzarlo gli recuperiamo il cappello e i maglioni per coprirlo di più, tremava come una foglia. Poi C. gli da qualcosa da mangiare. Anche l'altro ragazzo sta un po' meglio. Riprendiamo il sentiero per scendere a valle: siamo in cinque e solo a questo punto vediamo sopraggiungere dallo stesso sentiero altri
cinque. Il vento è sempre forte spesso ci sposta ancora letteralmente di peso ma siamo sicuri di avercela fatta.
Lungo il sentiero, anche qua ci siamo distanziati, con i più forti che sono andati avanti (in questo caso è stato meglio: così arrivati alle prime case hanno potuto fermare un piccolo autobus che faceva servizio e ci ha trasportati tutti a Burzonasco) continuavo a pensare che eravamo solo in dieci. Ne mancavano diciassette non sapevo che fine avessero fatto, pregavo sperando che anche loro potessero salvarsi. E avevo paura.
Il resto penso che tu lo sappia già. Gli altri 14 (ma non insieme sempre a gruppetti) hanno raggiunto non so come il rifugio e hanno potuto prima di noi allertare i soccorsi (c'era un numero verde da chiamare indicato nello stesso rifugio), un altro non so come ha raggiunto varese ligure che era la nostra meta e l'altro è stato trovato a trecento metri dal rifugio mezzo assiderato. L'unico di cui nessuno ha più saputo
qualcosa è stato stefano.
Forse ho tralasciato qualcosa, rivivere tutto non è semplice ed essere lucida neppure, alcune considerazioni per il momento preferisco non esternarle. Mauro è senz'altro più preciso di me, è scosso e frastornato ma più cosciente di ciò che abbiamo affrontato. Se preferisci puoi contattare lui.
Siamo vivi ma io dentro mi sento soffocare.
Lilla.

D: Un'ultima cosa non mi è chiara dal tuo racconto: perchè quando Mauro era preoccupato perchè vedeva il vento in alto non siete tornati indietro? Luigi, ascoltando il racconto di un'altra partecipante si è fatto l'idea che ci fosse nel gruppo una specie di iper-eccitazione da "sfida dei propri limiti". E' vero?

Con il senno di poi mi pongo tanti se… tanti perché… Continuo a farmi domande e a considerare le alternative che allora non ho valutato e questo mi fa male. Mangio poco e dormo ancora meno. Vorrei ricordare tutto, fin nei minimi dettagli ma i ricordi non sono sempre chiari, esistono dei momenti bui che pur sforzandomi non riesco a colmare.

Perché non siamo tornati indietro? Posso solo dirti da parte mia, che una volta usciti dal bosco, mentre arrancavamo sul pendio, uno dietro l’altro, nonostante il vento e la fatica non avevo la percezione che chi era davanti non sapesse dove si andava e infatti siamo comunque arrivati alla madonnina. Ma allora era già troppo tardi.

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Il sentiero nel bosco, foto dello stesso giorno, prima della tragedia

Ed ecco il racconto di un altro partecipante amico di Stefano:

Ho letto il racconto che ti ha inviato Lilla, quindi cerco di non ripetere le cose che ti ha già spiegato e di aggiungere dettagli su come siamo riusciti a scendere. Non so se riuscirò a essere ordinato, spero almeno chiaro. Cerco magari di seguire lo schema che mi danno i tuoi interrogativi.

Innanzi tutto quando ci siamo aggregati al gruppo di Piacenza non siamo riusciti bene a capire come era organizzato il trekking. Io e Lilla siamo saliti subito in pulmann perché non volevamo prender freddo e, per quanto possibile, riposare ancora un po' visto che eravamo partiti di buon ora e la giornata che ci aspettava si prospettava lunga e faticosa. Durante il viaggio di avvicinamento da Piacenza a Ottone mi sarei aspettato una descrizione dell'itinerario e una presentazione delle persone che ci avrebbero accompagnato. Invece nessuno ha parlato dell'itinerario e nessuno si è presentato come aiuto guida, quindi noi ci siamo posti come riferimento solo C., la persona che aveva raccolto le iscrizioni e che in precedenza Ruggero ci aveva indicato essere l'accompagnatore.

Stefano, che era meno preoccupato e conosceva molte persone, invece era più attivo e si era già inserito nel gruppo. In precedenza mi aveva rassicurato sulle difficoltà dell'itinerario. Quindi, ragionando per logica, mi ero fatto l'idea di un percorso lungo ma senza dislivelli, pensavo avremmo aggirato le cime, tenuto un ritmo costante con poche pause per evitare di arrivare con il buio e di prendere troppo freddo. Era quello che prospettavo a Lilla, secondo la mia logica. Anche perché partecipavano molte persone, con preparazione ed esperienza a mio parere non omogenee. Avevo pensato ad un sacco a pelo di emergenza ma solo per situazioni di piccoli infortuni, come una storta che ti impedisce di camminare per stare al caldo in attesa arrivino i soccorsi. Non certo per situazioni estreme come quella che avevo vissuto. Pensavo che se le condizioni fossero diventate difficili si sarebbe adattato il percorso o al limite avremmo raggiunto la meta di tappa con i mezzi pubblici.

Poi scesi dal pulmann a Ottone il primo momento di perplessità, sono spariti quasi tutti e ho visto un tipo spogliarsi per mettersi in maglietta e scarpe da ginnastica. In un primo momento pensavo fosse un corridore locale o un atleta che aveva approfittato del nostro pasaggio per andare ad allenarsi. Non credevo si preparasse ad affrontare il trekking con noi. ... poi mi hanno spiegato.
Camminando poco alla volta ho capito che il trekking era probabilmente visto dal gruppo dei veterani come una specie di sfida personale. Poco a poco ho capito che in ogni edizione era capitato qualcosa di negativo, ormai mi trovavo dentro. Ad un certo punto, già nel pomeriggio c'è stato un errore nel percorso da parte di alcuni che aveva abbandonato il gruppo principale sostenendo di conoscere l'itinerario. Il punto dell'errore a mio giudizio era banale, eppure avevano sbagliato. Un campanello d'allarme negativo. Da li io e Lilla abbiamo deciso di metterci in fondo al gruppo e di segure la guida, Claudio, che nel frattempo era andato a recuperare i 'dispersi'.

Io e Lilla eravamo un po' seccati, ci chiedevamo perché queste persone non fossero state in gruppo mettendo in difficoltà C., facendoci raffreddare dopo che fino a quel momento avevamo fatto tutto di corsa, senza pause. Capivamo che così non poteva funzionare, Lilla era molto delusa e la vedevo intristita. Stefano invece era molto felice, camminava con entusiasmo, con la sua preparazione fisica penso non sentisse nemmeno la stanchezza. Inoltre il fatto di essere atletico gli permetteva di raggiungere più persone, fermarsi con noi, insomma godeva di più della compagnia di molti amici.

La sera è stata molto piacevole, abbiamo mangiato e bevuto bene in un bel clima di allegria. Noi abbiamo formato a tavola il gruppo 'Boscaglia' assieme a S., E., V. e M. R. avrebbe voluto cenare con noi ma purtroppo la tavolata era piena e quindi si è seduto con il gruppo principale dei piacentini. Dopo la cena l'ho avvicinato con Stefano e gli ho chiesto, visto che nessuno le dava, informazioni sul percorso del giorno successivo. Mi ha spiegato a grandi linee cosa ci aspettava. Ricordo che mi ha detto che la vetta del monte Aione poteva essere terribile, ma io non ero in grado di capire in che senso. Poi mi ha rassicurato che in caso di maltempo avremmo valutato sul posto se seguire un itinerario alternativo che aggirava il monte, o almeno io ho inteso così... A posteriori non so quanto contava la sua opinione nell'OTPGEA anche perché - come spiegherò - il giorno dopo non ho molto chiaro come sono andate le cose.

La mattina alla partenza il tempo era nuvoloso, niente di particolarmente minaccioso. Siamo partiti tranquilli, il sentiero saliva graduale nel bosco innevato, era ben segnato e la neve era morbida, niente ghiaccio. Io e Lilla come ci eravamo proposti ci siamo messi in fondo al gruppo in modo da tenere un ritmo costante, fare foto, godere del panorama e del bosco. Stavamo bene, avevamo C. sempre poco più avanti. C'erano sempre anche S., E. e V., penso anche M.. Io avevo deciso di non usare gli occhiali, per camminare non mi servono e in caso di peggioramento delle condizioni mi sarebbero state d'impiccio. Questo però mi impediva di riconoscere bene le persone ad una certa distanza, tenendo anche conto che erano molto coperte. Anche per questo da quel momento io non ho più visto Stefano.

Salendo nel bosco mi sono reso conto che il vento in quota era forte, non sibilava, ululava. Quindi diciamo che per chi era esperto del posto il vento non poteva essere una sorpresa. Ho consigliato a Lilla di togliere il Goretex per non sudare troppo, le ho detto che quando il bosco e la montagna non ci avrebbero più protetti mi aspettavo un gran freddo. Ci saremmo rivestiti al momento giusto, non lasciando nessuno spiraglio al vento. Per questo ho chiesto a C. di avvertirci quando saremmo arrivati allo scoperto in modo da poterci prepare prima. C. da questo punto di vista è stato puntuale, mi ha descritto il percorso dicendomi che il tratto allo scoperto sarebbe stato breve.

Quando ci siamo rivestiti gli ho chiesto la quota, mi ha risposto 1200-1300. In precedenza mi aveva detto che allo scoperto avremmo risalito altri 50 metri. Quindi io pensavo che non saremmo saliti in cima e che quindi aveva optato per l'itinerario a mezza costa. Avevo capito male.

Lì il vento non era ancora forte. La bufera vera è propria l'abbiamo incontrata quando siamo usciti definitivamente allo scoperto, qualche centinaio di metri dopo una palina dell'Alta via dei monti Liguri, la prima che avevamo incontrato. Lì ho iniziato a non capire più niente. Pensavo, viste le condizioni, che stessimo salendo tutti assieme. Ma non potevo vederlo, il gruppo era troppo numeroso. C'è stato probabilmente un momento di pausa dove il nostro gruppo dei 'lenti' si deve essere ricompattato con un gruppo che ci precedeva. Vedevo che si parlavano ma non ero in grado di distinguere le persone. Dalle ultime foto che ho scattato si contano una decina di persone. Essendo di spalle non si riescono comunque a riconoscere tutte. Ma Stefano non c'era di sicuro perché aveva uno sgargiante copri zaino rosso.

Da lì è iniziata la parte dura, lì bisognava decidere di non proseguire, era evidente che ci saremmo persi. Io mi sono attardato con una ragazza che aveva problemi con i guanti. E' bastato questa breve pausa per perdere di vista il gruppo, le tracce in pochi secondi venivano cancellate. Io ho pensato di rimanere con lei in modo da chiudere la comitiva. Lentamente e con difficoltà abbiamo raggiunto di nuovo gli altri, M. si è accorto di noi e io sono tornato con Lilla sempre rigorosamente in fondo. A quel punto la risalita era assurda, io pensavo che ci fossimo persi e non sapevo cosa fare, cecavo solo di sare tranquillo e sperando che Lilla non fosse spaventata. Era impossibile comunicare, le stavo di lato per cercare di ripararla dal vento. Penso fosse una cosa inutile e ridicola ma in quel momento cercavo solo di fare quello. Ogni tanto venivo letteralmente spostato di peso e le finivo addosso. Ad un certo punto quasi tutti procedevano talmente faticosamente da sembrare senza forze, io li vedevo da dietro, mi chiedevo ma cosa aspettano a scendere, forse non tutti avevano la preparazione fisica per affrontare quel vento, eppure il giorno prima sembravano tutti molto forti.

Ad un certo punto ho intravisto una madonnina, per pochi secondi la cosa mi ha rinfrancato: ho pensato che non si erano persi, avevano un riferimento per scendere, ancora un po' di lotta e il vento si sarebbe attenuato. Eravamo ancora ordinati in fila.

Da lì invece sono iniziati i momenti terribili, per superare la cima e scendere sull'altro versante siamo dovuti strisciare, il vento era diventato invincibile. Se mi voltavo per cercare lo sguardo di Lilla non riuscivo a inspirare l'aria tanto era forte la forza del vento e venivo sferzato da sabbia e ghiaccio. Avevo la sensazione che il vento potesse sollevarla e portarla via, le ho teso inutilmente un braccio per aiutarla a scendere.

Dopo pochi metri di discesa ho visto C. che si è messo a risalire, ho capito che era disorientato definitivamente. Se scendere era difficile, risalire era quasi impossibile. Io e Lilla da ultimi ci siamo ritrovati primi, i più forti ci superavano e lì Lilla ha visto e sentito per l'ultima volta Stefano. Il gruppo è come se fosse esploso in tutte le direzioni. Io continuavo a cercare di seguire C. che non riuscendo a salire stava tagliando di traverso. Di colpo è scivolato nel vuoto e nella nebbia. Per fortuna l'ho visto per un attimo rialzarsi e ho pensato di raggiungerlo piano piano per verificare che stesse bene. Ho fatto due passi in verticale sulla neve morbida, al terzo inconsapevolmente sono finito sul ghiaccio, erano uguali, una ventata più forte e sono volato all'istante anche io. Per fortuna puntando i piedi e le racchette sono riuscito a fermarmi in un nevaio, a rialzarmi per risalire (cosa a posteriori capisco impossibile) per tornare da Lilla. Vedevo C. oltre il nevaio cche voleva proseguire di traverso. Per mia fortuna anche Lilla e V. (che però fino alla fine non avevo riconosciuto) avevano deciso di scendere. Sono arrivati come due siluri, per me è stato uno spavento terribile perché mi sembrava non si potessero fermare. Da quel momento ho capito che eravamo soli. C. voleva che traversassimo, ho fatto due passi verso di lui e ho incontato di nuovo il ghiaccio. Ho subito pensato di tornare indietro e di non ripetere l'errore, se anche fossi passato io uno degli altri due sarebbe volato di nuovo, la montagna non avrebbe perdonato un'altra volta. Quindi ho deciso di scendere in verticale cercanto passo per passo la neve morbida. Tra l'altro per un attimo ho intravisto delle piante: puntavo a quelle. Cercavo di urlare e indicare a C. di fare la stessa cosa, di non proseguire di traverso. Per fortuna sentivo Lilla che urlava e incitava V.. Dava forza e tranquillità anche a me. V. non so se era esausto o spaventato ma letteralmente non stava in piedi. Continuava a franarmi tra le gambe, avevo paura che ci trascinasse di nuovo in un canale. Se solo fossi finito di nuovo sul ghiaccio sarebbe successo di sicuro.

Dopo minuti interminabili siamo riusciti a raggiungere le piante e a compattarci con C.. Sentendomi salvo ho lasciato sfilare davanti Lilla e V., ormai il ghiaccio era finito. La tensione che mi teneva lucido è passata di colpo e mi prendevano dei tremori incredibili, avevo voglia di piangere pensando a quando avevo visto Lilla precipitare. In quel momento per caso ho visto una bacchetta e non so perché mi sono arrischiato ad andare a recuperla. Voltandomi a monte dopo averla raccolta ho visto una persona che procedeva faticosamente quasi strisciando nella neve. Continuavo a urlare per farmi vedere, ma non arrivava mai. V. e C. ormai erano nel panico totale e vedevo che volevano scendere. Solo Lilla mi aiutava. Io pensavo che ormai noi eravamo al sicuro e non c'era fretta di scappare, dovevamo aiutare questa persona. Quando finalmente la persona ci ha raggiunto strisciando e si è alzata ho riconosciuto sotto un maschera di sangue il volto di R.. Vedendolo così mi sono spaventato di nuovo, pensavo si fosse rotto le gambe, non sapevo come avremmo potuto portarlo a valle.
Per fortuna mi ha detto a fatica che aveva i crampi. Non reagiva alle mie domande, era come inebetito, aveva gli occhi fissi nel vuoto.
Probabilmente, l'ho capito solo dopo, non riusciva a vedere perché non aveva gli occhiali.

A quel punto siamo ripartiti, R. sembrava non avesse più la forza di reagire. In un attimo rimaneva indietro, non riusciva a camminare. Dovevo continuamente fermarmi a incitarlo. Ad un certo punto in un avvallamento del terreno dove si doveva cambiare direzione ho dovuto scendere e risalire due volte per cercare di non perdere i 2 davanti, con Lilla che si manteneva in mezzo per darmi un riferimento.
R. non vedendoci si era di nuovo sconfortato, era fermo a 4-5 metri dal colmo dell'avvallamento. L'ho abbracciato e l'ho trascinato di peso sul colmo in modo mi potesse vedere e sono sceso di nuovo nella speranza riuscisse a seguirmi. A quel punto l'ultima discesa verticale lungo un pendio con pascolo e arbusti. Ho raggiunto gli altri su una sterrata, si erano un po' calmati. R. non si vedeva di nuovo nella nebbia. Già stavo pensando di dover risalire per dargli morale quando per fortuna abbiamo visto la sua sagoma. Aveva trovato la forza per alzarsi e camminare, io incominciavo a non averne più per risalire di nuovo.
Da lì ci siamo rifugiati in un bivacco vicino che conosceva C., giusto il tempo per rimettere, per quanto possibile, R. in sesto.

Io e Lilla stavamo fisicamente bene, eravamo coperti con le giacche integrali e quindi non avevamo parti ghiacciate. Gli altri con i cappellini erano maschere di ghiaccio.

Il resto penso che già lo conosci. Se hai bisogno di altre informazioni non esitare a chiederle.
Ho dovuto scrivere questa mattina perché ancora ieri sera mi scoppiava la testa per il mal di testa. Non ho preso niente come al solito.
Ma non avendo quasi mai il mal di testa non sono abituato.
Con Stefano avevamo molti progetti, lo sentivo vicino per l'amore per la natura. Domenica anche io ho fatto 4 passi nei boschi del mio paese. Sono arrivato allo stagno e ho visto un Airone sollevarsi faticosamente verso il cielo. Non l'avevo mai visto così bene.
Non ho potuto non pensare a Stefano....

Mauro

E' l'ultima foto che abbiamo di Stefano, scattata da Mauro il giorno prima

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Seguono due testimonianze di membri del soccorso alpino che hanno partecipato alle ricerche, trovate in rete.

114/12
dato che faccio parte della sezione di La Spezia del CNSAS (Soccorso Alpino) sono stato su a cercare quel povero ragazzo sia venerdi che tutta la giornata di domenica scorsa; ieri l'altro e ieri c'erano altri miei colleghi della stazione spezzina assieme al resto della liguria
(…)
io sinceramente (e parlo per me) sono rimasto un po' scosso, proprio per la fine che ha fatto questo ragazzo.
Tormenta di neve, gente in delirio che gattonava sferzata dalla tramontana, si dice che alcuni si sono buttati giu' a terra e pregavano, ma soprattutto il panico che ha colto tutti e ha fatto si' che ognuno pensasse (magari non tutti, non voglio colpevolizzare nessuno ne' generalizzare sia chiaro) soltanto a se' (e dio x tutti gli altri) fregandosene di coloro che erano piu' in difficolta', come il ragazzo disperso. Dare giudizi e' dura, anche perche' a tuttora le notizie e gli indizi che ci sono stati dati sono frammentari e confusionari (del resto se questi erano nel panico totale come si puo' pretendere che avessero capito dove andavano, le percorrenze, le pendenze, i riferimenti).

Sicuramente c'e' stata leggerezza ed inesperienza in chi ha organizzato la gita e in chi ne ha preso parte ma dare responsabilita' precise x l'accaduto e' difficile.

Tieni presente una cosa, riguardo alle condizioni: domenica mattina noi del soccorso alpino ci siamo divisi canaloni e versanti e abbiamo cercato di fare un lavoro organico e (x quanto possibile, vista la vastissima zona) preciso. Trovarlo in quel macello di neve accumulata e faggeta impenetrabile e canaloni innevati e' solo questione di culo.

Io con altri 3 abbiamo risalito un canalone della zona sud-ovest, poi una faggeta e poi un canalino ghiacciato che sbucava a sx della vetta (la madonnina x intenderci), poi ridisceso sotto la vetta x pianori e ancora spazzato a pettine tutta la faggeta sottostante fino alla baracca di legno, e le condizioni erano veramente proibitive anche per noi: tratti di neve accumulata non trasformata (tipo zucchero) in cui sprofondavi fino alla cinta e anche piu', seguiti da zone di neve ghiacciata in cui i ramponi entravano ben poco; il tutto con temperatura di -14 gradi e un vento superiore a 60 nodi (mi han detto al pomeriggio che ci son state punte di 150 all'ora, non so se e' plausibile pero'), vento cosi' forte che nel canalino ghiacciato ad ogni raffica che arrivava dovevamo piantare la picca e appiattirci al suolo perche' come alzavi la testa volavi letteralmente via. Sulla cresta senza mascherina non potevi vedere e controvento a fatica si poteva respirare.
Ovviamente immagina come han lavorato bene i cani con quella miriade di orma diverse e quel vento pazzesco.

In queste condizioni abbiamo svolto le ricerche (ed era bel tempo). Immagina questa comitiva che ha passato con la tormenta e il sopraggiungere del buio, visto che c'erano persone vestite con una semplice tuta (oltre al tizio in coma da ipotermia trovato in pantaloncini corti!).

Io personalmente, viste le previsioni meteo x quei giorni, e visto come si stava evolvendo la giornata, forse non sarei neanche partito da casa, anche se c'era bel tempo, o al massimo avrei fatto dietrofront dopo poco.

Finisco dicendo anche se vale poco che morire cosi', abbandonato da tutti, in preda al panico su un montarozzo appena segnato sulle carte, e' davvero davvero triste e misero, e pur di fronte alla morte che sempre e solo morte e', avrei preferito che morisse sulla nord dell'Eiger in invernale che sul monte Aiona che nessuno conosce.

Forse proprio perche' non si chiamava Eiger ma Aiona e' successo tutto questo. E potevano essere trovati tutti morti se non avessero trovato quella capanna: se ne trovava uno qui e uno la' tutti assiderati.

17/12
ben, altra giornata infruttuosa, anche se intensa: ho risalito la cresta dal rifugio Pratomollo fino in vetta all'Aiona (madonnina), poi x pianori a nord, poi giu' a nordovest verso il passo delle tre Lame (credo, o 'pe tre lame' o roba simile) e poi ancora x 2 sentieri che portano ai laghi in zona Agoraie mi pare, poi di nuovo su in cresta e poi ridisceso dal versante di Borzonasca fino alla carrareccia.

Tempo non bello, visibilita' 20 metri in media (veramente pessima x una ricerca); tirava vento da sud, aria caricata di umidita' e arrivata in vetta sovraraffreddata (infatti in mezzo alla nebbia ci siam coperti di bianco che sembravamo vecchi). La zona sud sta trasformando ed e' bella compatta ( a parte soliti cumuli), la zona nord e' carica di neve non trasformata x cui son necessarie le ciaspole o le pelli (zone in cui si sprofonda 1 metro e piu').

Ormai le speranze di trovarlo si riducono al lumicino....
le perplessita' aumentano sul possibile percorso fatto dallo scomparso: prima si era quasi sicuri fosse a sud come era logico, ma la zona a sud e' stata superbattuta. Ora ci si concentra di piu' sull'altrettanto estesa zona nord

(…)

in realta' la comitiva e' scesa tutta dal versante sud, quello che da' verso il mare e Borzonasca, e si e' trovata alla fine nella capanna di legno che sta appena sopra la strada sterrata che conduce al rifugio pratomollo.

Lo scomparso e' stato visto x l'ultima volta praticamente appena sotto la madonnina della cima dell'Aiona lato sud, in evidente difficolta' e nel panico, e sembra fosse caduto e avesse il viso tumefatto. E' stato ritrovato il suo cappello (e' il suo con certezza) praticamente sulla cima, e pare siano suoi anche i bastoncini trovati poco sotto (ma su questo io personalmente ho i miei dubbi).

Visto che a sud e' stato battuto ben bene e a lungo ci si sta concentrando anche sul nord (che cmq era stato visionato), molto meno probabile ma alla fine, nel delirio totale, non del tutto visto che il malcapitato potrebbe esser tornato sui suoi passi.

Solo che io sono andato fin giu' ai laghi seguendo 2 sentieri molto segnati (uno con la doppia riga gialla, un altro in rosso con delle 'A') e su uno ho trovato le tracce di un mio compagno del giorno precedente, sull'altro proprio nulla di nulla...e anche da quel versante il bosco e' immenso e molto articolato, tra canali, versanti rocciosi e buche.

23/12
torno a dire, io ero su 1 giorno e mezzo dopo la tragedia (e a dire il vero anche la sera stessa, ma organizzare una ricerca al buio era da folli): le condizioni erano davvero pericolose.

Ora io ammetto di non essere proprio Toni Egger e la mia esperienza invernale e' circa 1/50esimo di quella su roccia ma vi assicuro che con oltre 120 all'ora di tramontana e -14° su neve non trasformata accumulata mista a tratti in cui i ramponi si piantavano appena....beh...ho avuto di che pensare...immaginate quella comitiva li', che ha descritto su sito quel che ha descritto...la conclusione poteva essere una vera strage.

Nicola - La Spezia
(dal forum di Planetmountain.com: http://www.forum.planetmountain.com/phpBB2/viewtopic.php?t=16458&postdays=0&postorder=asc&start=0

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Frequento l'Aiona posso dire settimanalmente per lavoro ed la mattina del casino ero in zona e posso dire che dopo aver provato a raggiungere il crinale del Passo del Ghiffi (per chi conosce la zona) che è un punto di spartiacque ben più basso della vetta ed aver rischiato due volte di finire a valle per il vento, me ne sono tornato in macchina.
Guardando da valle anche un idiota avrebbe capito che non era giornata da andare in vetta, figuriamoci persone esperte di montagna e con le previsioni che c'erano. Inoltre, per continuare il percorso che si proponevano i ns "eroi" avrebbero avuto a disposizione un itinerario alternativo a mezza costa che avrebbero potuto percorrere senza pericolo, al limite con un po' di disagio per il freddo che il vento fortissimo accentuava.
Allora la domanda è che cavolo ci sono andati a fare?
Io dico da parte di alcuni ignoranza, ma da parte di altri celodurismo del tipo più bieco, o idiozia totale.
Ho partecipato anche alle ricerche del disperso nei giorni successivi e posso commentare che il costo per la collettività di certe bravate è veramente alto. Questo senza contare l'indubbio dolore dei familiari per chi non è tornato a casa.
Penso che fare qualche riflessione di questo genere prima di imbarcarsi in imprese balorde potrebbe aiutare.
In ultimo: non sottovalutate l'Appennino solo perchè non ha le vette; quel giorno in cima all'Aiona (ed anche i giorni successivi) c'erano condizioni che non avrebbero fatto sfigurare il Bianco.
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Gianni – Rapallo
(dal forum di Planetmountain.com: http://www.forum.planetmountain.com/phpBB2/viewtopic.php?t=16458&postdays=0&postorder=asc&start=0

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Ma facciamo un passo indietro, per capire serve partire da prima, da come veniva presentata questa escursione di 4 giorni.

Dal sito www.otpgea.it, ecco come veniva presentato Appennina 2005:

Appennina 2005 - X° edizione
Chiuse le iscrizioni presso il negozio "L'AltroSport".
resta la possibilità di agganciarsi previo contatto telefonico (ore uff.0523-xxx) o meglio, essendo in questi giorni spesso irreperibile, via mail (che controllo quotidianamente).

Con piacere constato che una buona parte dei partecipanti storici hanno optato per la versione leggera. Ad oggi gli iscritti sono 21 sul percorso breve (24 posti disponibili) e 29 sulla lunga (37 disponibili). Considerato che appare oramai evidente che non sarà una passeggiata - visto l'innevamento conclamato - non sarebbe neanche male evitare il tutto esaurito. L'importante è raggiungere - cosa fatta - il pareggio sul costo del bus. Un paio di giorni prima della partenza ci sarà comunque un messaggio di ultima conferma su questa pagina.
Ora correte a preparare lo zaino !!!

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Notiziario online del camminare in amicizia e libertà.
By OTPGEA- Piacenza www.otpgea.it
a cura di Ruggero P.
Numero 10 DICEMBRE 2005
ULTIMI APPUNTAMENTI IN MONTAGNA DEL 2005

2. Da Giovedì 8 a domenica 11 Dicembre: APPENNINA 2005- X^ edizione. Difficoltà EE.
Ottone-Levanto (130 km in 4 giorni)
Borgotaro Levanto (65 km in 3 giorni)
Informazioni aggiornate sul sito www.otpgea.it. Iscrizioni aperte presso il negozio l'Altrosport di Via Felice Frasi.
Accompagna : Claudio P. tel. 0523-xxxxxx mail: xxx@otpgea.it
Ultimi giorni per le iscrizioni: i due gruppi sono quasi al completo; ormai si chiude la fase organizzativa per passare alla grande kermesse. L'entusiasmo è alle stelle e tutti scalpitano ai blocchi di partenza. Sarà un' Appennina memorabile come sempre e di più. Grazie Claudio, da tutti noi.

da Giovedì 8 a Domenica 11 Dicembre
Appennina 2005 - X° edizione - EE
Ottone - Levanto (130 km in 4 giorni)
Borgotaro - Levanto (65 km in 3 giorni)
Accompagna badando: Claudio P.

Due trekking in uno.
Per la decima edizione l'escursione si sdoppia per fare felici i centristi e gli estremisti. Mi spiego meglio. Il sottoscritto coordinerà un' Appennina speciale di 4 giorni pieni da Ottone a Levanto in piena coerenza con lo spirito un poco masochista che tutti sapete. In alternativa Umberto Baroni ha felicemente raccolto l'idea di creare una variate "leggera" di tre giorni: in pratica si creerebbe un gruppo autonomo che camminerebbe per circa 6h al dì nei primi due giorni per poi unirsi al gruppo "integralista" per l'arrivo al mare dell'ultimo giorno. Con questa gita nella gita spero di ottenere un doppio scopo: permettere anche ai meno "fanatici" di godere del gusto della traversata invernale in appennino, e rendere un po' più fluido e sereno il cammino del gruppo integralista.

Informazioni
Quale percorso ?
Quest'anno Appennina si presenta in una doppia veste onde poter coniugare gli opposti spiriti che animano l'andar per monti dell'OtpGea degli ultimi anni. Per la prima volta la ciurma si scinderà in due distinte unità che condivideranno soltanto l'ultima manciata di chilometri per giungere al mare, nonché il bus per il ritorno a casa.
E' importante che all'atto dell'iscrizione siate consapevoli di che escursione andate a vivere. L'Appennina classica quest'anno si presenterà dura come sempre e con l'aggravante del quarto giorno. La versione "leggera" è senz'altro più abbordabile ma sempre condizionata dal contesto climatico invernale che non va mai sottovalutato.
Qui di seguito un'esaudiente serie di informazioni sulle due Appennine.
Appennina "INTEGRALISTA"
4 giorni: da giovedì 8 a domenica 11 Dicembre 2005
E' indispensabile disporre di un buon allenamento e spirito di sacrificio. Il percorso, per la prima volta articolato in quattro giorni, è un riassunto dei vari itinerari toccati nel corso dei nove anni passati. Dopo una prima tappa di rodaggio (25 km circa), tre tappe intense con chilometraggi intorno ai 35 km. Partenza, come dieci anni orsono, da Ottone e arrivo al mare di Levanto con pernotti a Magnasco in Val d'Aveto, Varese Ligure in alta Val di Vara e al Passo dei Casoni.
Appennina "LEGGERA"
3 giorni: da venerdì 9 a domenica 11 Dicembre 2005
Tre giorni di cammino con chilometraggi più cristiani. Partenza da Borgotaro (dove giungeremo con il treno Milano-Livorno) e arrivo a Levanto. Il primo giorno cammineremo fino al Passo dei Due Santi. Splendida la seconda tappa che si snoda nelle faggete sull'Alta Via dei Monti Liguri fino alla Foce dei Tre Confini per poi scendere, con sentiero secondario, al paese di Sesta Godano. Dopo comoda colazione, la mattina del terzo giorno un bus porterà il gruppo al ponte di Ramella, sul fiume Vara, luogo deputato alla partenza della terza e ultima frazione, nonché punto di riunione con il gruppo integralista.
Tabella comparativa



Iscrizioni :
• Iscrizioni aperte dal 17 Ottobre in avanti fino ad esaurimento posti;
• Chiusura al più tardi Mercoledì 30 Novembre;
• Orari di negozio c/o ALTRO SPORT via Felice Frasi, 25/c PIACENZA
• per qualunque informazione:
tel. 0523 xxx ore uff.
mail: xxx@tin.it
Altre informazioni per il gruppo INTEGRALISTA
• Ritrovo partenza : Giovedì 8 Dicembre 2005 ore 7,45 c/o stazione FS di Piacenza; partenza ore 8,00 con sosta al Cheope in via IV Novembre.
• Ritrovo ritorno : Domenica 11 Dicembre 2005 ore 17,30 c/o stazione FS di Levanto; partenza ore 18,00 con sosta a Fiorenzuola d'Arda, Piacenza FS e Cheope.
• La quota di'iscrizione comprende i due trasferimenti in bus.
• Ogni partecipante salderà personalmente ogni sera gli alberghi per le prestazioni di mezza pensione. Il costo varierà con un massimo di 40,00 € per notte
Altre informazioni per il gruppo LEGGERO
• Ritrovo partenza : Venerdì 8 Dicembre 2005 ore 7,50 c/o stazione FS di Piacenza;
partenza ore 8,14 con il treno Milano-Livorno;
arrivo a Borgotaro previsto per le ore 9,35 circa
ATTENZIONE :
Ogni partecipante deve provvedere personalmente all'acquisto del biglietto ferroviario di sola andata da Piacenza a Borgotaro.
• Ritrovo ritorno : Domenica 11 Dicembre 2005 ore 17,30 c/o stazione FS di Levanto; partenza ore 18,00 con sosta a Fiorenzuola d'Arda, Piacenza FS e Cheope.
• La quota di'iscrizione comprende i due trasferimenti in bus in programma l'ultimo giorno: da Sesta Godano al ponte di Ramella dopo colazione e la sera da Levanto il rientro a Piacenza.
• Ogni partecipante salderà personalmente ogni sera gli alberghi per le prestazioni di mezza pensione. Il costo varierà con un massimo di 40,00 € per notte.
Nota monetaria
Il soci organizzatori non trattiengono, dalla quota d'iscrizione, alcuna percentuale. Tutte le eccedenze eventualmente derivanti dal superamento del punto di pareggio verranno devolute all'associazione OtpGea Onlus.

E, sempre dal sito www.otpgea.it, ecco come il 13 dicembre viene ricordato l'accaduto, in copertina:

Il nostro caro amico Stefano è rimasto là, si è fatto tardi e non è ancora sceso.
Siamo ridotti al silenzio da questo promemoria di tristezza.
Lo stiamo aspettando per riabbracciarlo ancora.
La montagna voleva trattenere anche Sergio ma lui è tornato.
Come noi temevano che la vita potesse trascorrere senza essere vissuta,
nessuno ci garantiva che potessimo essere più forti della natura,
ma nessuno può guarirci dalla nostra libera volontà.
Piacenza, 13 dicembre 2005

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In questa seconda pagina trovate altri messaggi ricevuti (segni di solidarietà, ecc.)

In questa terza pagina trovate le riflessioni

A pag. 4 qualche foto di Stefano dal nostro archivio (e spedite da voi)

A pag. 5 l'epilogo: il ritrovamento di Stefano