PERCHE' NON SUCCEDA DI NUOVO (PER CAPIRE, PER RIFLETTERE, PER IMPARARE) (pagine a cura di Luca Gianotti) Da anni siamo impegnati per la sicurezza in montagna, in particolar modo nella conduzione dei gruppi. Da anni come presidente dell'Associazione La Boscaglia cerco di insegnare alle guide e agli accompagnatori volontari le regole semplici e fondamentali che consentono di condurre un gruppo in sicurezza. Questa volta la disgrazia ci ha toccati da molto vicino, un amico, un collaboratore della Boscaglia è disperso in una tormenta di neve mentre partecipava a una escursione organizzata da un gruppo escursionistico di Piacenza. Siccome da queste vicende c'è tanto da imparare, e di solito invece si preferisce mettere tutto a tacere, presi dal dolore e dalla voglia di rimuovere tutto, questa volta diciamo NO, queste tragedie devono essere evitate e noi apriamo questo spazio per far diventare il dibattito il più ampio possibile. Non vogliamo creare polemiche, aprire processi nè far del male al alcuno. Sono però argomenti dolorosi, e non è facile affrontarli. Sarebbe più semplice lasciar perdere... Ma ci alimenta solo la speranza che queste pagine facciano aumentare la consapevolezza nei camminatori che le leggeranno, la consapevolezza di chi cammina da solo, di chi cammina accompagnato in un gruppo e di chi cammina accompagnando gruppi. Dunque queste pagine sono uno spazio di riflessione aperto a tutti, inviate il vostro contributo a luca@camminoprofondo.it In questi giorni le pagine sono cresciute oltre ogni previsione, con il vostro contributo, sono diventate pesanti come macigni. Ci auguriamo che servano a tanti, che ogni accompagnatore volontario, ogni guida professionista, ogni organizzatore no limits, ogni partecipante ad avventure anche solo minimamente pericolose, le legga, prima di muoversi. E che se qualcuno organizza di nuovo manifestazioni come quella di cui si parla qui, ci sia qualcun altro che queste pagine gliele serva su di un vassoio e gli chieda "Hai tenuto conto di questo?". Queste pagine rimarranno, grazie a internet, a disposizione di tutti. In questa prima pagina raccogliamo le testimonianze dirette di chi era presente, nelle altre tre pagine trovete i messaggi che riceviamo, i commenti e le riflessioni e qualche foto. In questa seconda pagina trovate i vostri messaggi In questa terza pagina trovate le riflessioni, le analisi A pag. 4 qualche foto di Stefano dal nostro archivio (e spedite da voi) A pag. 5 l'epilogo: il ritrovamento di Stefano LE TESTIMONIANZE DIRETTE Questa è una ricostruzione veramente impressionante di una partecipante amica di Stefano: Mi tremano le mani perchè una volta di più mi rendo conto che siamo stati sprovveduti. D: Un'ultima cosa non mi è chiara dal tuo racconto: perchè quando Mauro era preoccupato perchè vedeva il vento in alto non siete tornati indietro? Luigi, ascoltando il racconto di un'altra partecipante si è fatto l'idea che ci fosse nel gruppo una specie di iper-eccitazione da "sfida dei propri limiti". E' vero? Con il senno di poi mi pongo tanti se… tanti perché… Continuo a farmi domande e a considerare le alternative che allora non ho valutato e questo mi fa male. Mangio poco e dormo ancora meno. Vorrei ricordare tutto, fin nei minimi dettagli ma i ricordi non sono sempre chiari, esistono dei momenti bui che pur sforzandomi non riesco a colmare. Perché non siamo tornati indietro? Posso solo dirti da parte mia, che una volta usciti dal bosco, mentre arrancavamo sul pendio, uno dietro l’altro, nonostante il vento e la fatica non avevo la percezione che chi era davanti non sapesse dove si andava e infatti siamo comunque arrivati alla madonnina. Ma allora era già troppo tardi. ################################################################################### Ed ecco il racconto di un altro partecipante amico di Stefano: Ho letto il racconto che ti ha inviato Lilla, quindi cerco di non ripetere le cose che ti ha già spiegato e di aggiungere dettagli su come siamo riusciti a scendere. Non so se riuscirò a essere ordinato, spero almeno chiaro. Cerco magari di seguire lo schema che mi danno i tuoi interrogativi. Innanzi tutto quando ci siamo aggregati al gruppo di Piacenza non siamo riusciti bene a capire come era organizzato il trekking. Io e Lilla siamo saliti subito in pulmann perché non volevamo prender freddo e, per quanto possibile, riposare ancora un po' visto che eravamo partiti di buon ora e la giornata che ci aspettava si prospettava lunga e faticosa. Durante il viaggio di avvicinamento da Piacenza a Ottone mi sarei aspettato una descrizione dell'itinerario e una presentazione delle persone che ci avrebbero accompagnato. Invece nessuno ha parlato dell'itinerario e nessuno si è presentato come aiuto guida, quindi noi ci siamo posti come riferimento solo C., la persona che aveva raccolto le iscrizioni e che in precedenza Ruggero ci aveva indicato essere l'accompagnatore. Stefano, che era meno preoccupato e conosceva molte persone, invece era più attivo e si era già inserito nel gruppo. In precedenza mi aveva rassicurato sulle difficoltà dell'itinerario. Quindi, ragionando per logica, mi ero fatto l'idea di un percorso lungo ma senza dislivelli, pensavo avremmo aggirato le cime, tenuto un ritmo costante con poche pause per evitare di arrivare con il buio e di prendere troppo freddo. Era quello che prospettavo a Lilla, secondo la mia logica. Anche perché partecipavano molte persone, con preparazione ed esperienza a mio parere non omogenee. Avevo pensato ad un sacco a pelo di emergenza ma solo per situazioni di piccoli infortuni, come una storta che ti impedisce di camminare per stare al caldo in attesa arrivino i soccorsi. Non certo per situazioni estreme come quella che avevo vissuto. Pensavo che se le condizioni fossero diventate difficili si sarebbe adattato il percorso o al limite avremmo raggiunto la meta di tappa con i mezzi pubblici. Poi scesi dal pulmann a Ottone il primo momento di perplessità, sono spariti quasi tutti e ho visto un tipo spogliarsi per mettersi in maglietta e scarpe da ginnastica. In un primo momento pensavo fosse un corridore locale o un atleta che aveva approfittato del nostro pasaggio per andare ad allenarsi. Non credevo si preparasse ad affrontare il trekking con noi. ... poi mi hanno spiegato. Io e Lilla eravamo un po' seccati, ci chiedevamo perché queste persone non fossero state in gruppo mettendo in difficoltà C., facendoci raffreddare dopo che fino a quel momento avevamo fatto tutto di corsa, senza pause. Capivamo che così non poteva funzionare, Lilla era molto delusa e la vedevo intristita. Stefano invece era molto felice, camminava con entusiasmo, con la sua preparazione fisica penso non sentisse nemmeno la stanchezza. Inoltre il fatto di essere atletico gli permetteva di raggiungere più persone, fermarsi con noi, insomma godeva di più della compagnia di molti amici. La sera è stata molto piacevole, abbiamo mangiato e bevuto bene in un bel clima di allegria. Noi abbiamo formato a tavola il gruppo 'Boscaglia' assieme a S., E., V. e M. R. avrebbe voluto cenare con noi ma purtroppo la tavolata era piena e quindi si è seduto con il gruppo principale dei piacentini. Dopo la cena l'ho avvicinato con Stefano e gli ho chiesto, visto che nessuno le dava, informazioni sul percorso del giorno successivo. Mi ha spiegato a grandi linee cosa ci aspettava. Ricordo che mi ha detto che la vetta del monte Aione poteva essere terribile, ma io non ero in grado di capire in che senso. Poi mi ha rassicurato che in caso di maltempo avremmo valutato sul posto se seguire un itinerario alternativo che aggirava il monte, o almeno io ho inteso così... A posteriori non so quanto contava la sua opinione nell'OTPGEA anche perché - come spiegherò - il giorno dopo non ho molto chiaro come sono andate le cose. La mattina alla partenza il tempo era nuvoloso, niente di particolarmente minaccioso. Siamo partiti tranquilli, il sentiero saliva graduale nel bosco innevato, era ben segnato e la neve era morbida, niente ghiaccio. Io e Lilla come ci eravamo proposti ci siamo messi in fondo al gruppo in modo da tenere un ritmo costante, fare foto, godere del panorama e del bosco. Stavamo bene, avevamo C. sempre poco più avanti. C'erano sempre anche S., E. e V., penso anche M.. Io avevo deciso di non usare gli occhiali, per camminare non mi servono e in caso di peggioramento delle condizioni mi sarebbero state d'impiccio. Questo però mi impediva di riconoscere bene le persone ad una certa distanza, tenendo anche conto che erano molto coperte. Anche per questo da quel momento io non ho più visto Stefano. Salendo nel bosco mi sono reso conto che il vento in quota era forte, non sibilava, ululava. Quindi diciamo che per chi era esperto del posto il vento non poteva essere una sorpresa. Ho consigliato a Lilla di togliere il Goretex per non sudare troppo, le ho detto che quando il bosco e la montagna non ci avrebbero più protetti mi aspettavo un gran freddo. Ci saremmo rivestiti al momento giusto, non lasciando nessuno spiraglio al vento. Per questo ho chiesto a C. di avvertirci quando saremmo arrivati allo scoperto in modo da poterci prepare prima. C. da questo punto di vista è stato puntuale, mi ha descritto il percorso dicendomi che il tratto allo scoperto sarebbe stato breve. Quando ci siamo rivestiti gli ho chiesto la quota, mi ha risposto 1200-1300. In precedenza mi aveva detto che allo scoperto avremmo risalito altri 50 metri. Quindi io pensavo che non saremmo saliti in cima e che quindi aveva optato per l'itinerario a mezza costa. Avevo capito male. Lì il vento non era ancora forte. La bufera vera è propria l'abbiamo incontrata quando siamo usciti definitivamente allo scoperto, qualche centinaio di metri dopo una palina dell'Alta via dei monti Liguri, la prima che avevamo incontrato. Lì ho iniziato a non capire più niente. Pensavo, viste le condizioni, che stessimo salendo tutti assieme. Ma non potevo vederlo, il gruppo era troppo numeroso. C'è stato probabilmente un momento di pausa dove il nostro gruppo dei 'lenti' si deve essere ricompattato con un gruppo che ci precedeva. Vedevo che si parlavano ma non ero in grado di distinguere le persone. Dalle ultime foto che ho scattato si contano una decina di persone. Essendo di spalle non si riescono comunque a riconoscere tutte. Ma Stefano non c'era di sicuro perché aveva uno sgargiante copri zaino rosso. Da lì è iniziata la parte dura, lì bisognava decidere di non proseguire, era evidente che ci saremmo persi. Io mi sono attardato con una ragazza che aveva problemi con i guanti. E' bastato questa breve pausa per perdere di vista il gruppo, le tracce in pochi secondi venivano cancellate. Io ho pensato di rimanere con lei in modo da chiudere la comitiva. Lentamente e con difficoltà abbiamo raggiunto di nuovo gli altri, M. si è accorto di noi e io sono tornato con Lilla sempre rigorosamente in fondo. A quel punto la risalita era assurda, io pensavo che ci fossimo persi e non sapevo cosa fare, cecavo solo di sare tranquillo e sperando che Lilla non fosse spaventata. Era impossibile comunicare, le stavo di lato per cercare di ripararla dal vento. Penso fosse una cosa inutile e ridicola ma in quel momento cercavo solo di fare quello. Ogni tanto venivo letteralmente spostato di peso e le finivo addosso. Ad un certo punto quasi tutti procedevano talmente faticosamente da sembrare senza forze, io li vedevo da dietro, mi chiedevo ma cosa aspettano a scendere, forse non tutti avevano la preparazione fisica per affrontare quel vento, eppure il giorno prima sembravano tutti molto forti. Ad un certo punto ho intravisto una madonnina, per pochi secondi la cosa mi ha rinfrancato: ho pensato che non si erano persi, avevano un riferimento per scendere, ancora un po' di lotta e il vento si sarebbe attenuato. Eravamo ancora ordinati in fila. Da lì invece sono iniziati i momenti terribili, per superare la cima e scendere sull'altro versante siamo dovuti strisciare, il vento era diventato invincibile. Se mi voltavo per cercare lo sguardo di Lilla non riuscivo a inspirare l'aria tanto era forte la forza del vento e venivo sferzato da sabbia e ghiaccio. Avevo la sensazione che il vento potesse sollevarla e portarla via, le ho teso inutilmente un braccio per aiutarla a scendere. Dopo pochi metri di discesa ho visto C. che si è messo a risalire, ho capito che era disorientato definitivamente. Se scendere era difficile, risalire era quasi impossibile. Io e Lilla da ultimi ci siamo ritrovati primi, i più forti ci superavano e lì Lilla ha visto e sentito per l'ultima volta Stefano. Il gruppo è come se fosse esploso in tutte le direzioni. Io continuavo a cercare di seguire C. che non riuscendo a salire stava tagliando di traverso. Di colpo è scivolato nel vuoto e nella nebbia. Per fortuna l'ho visto per un attimo rialzarsi e ho pensato di raggiungerlo piano piano per verificare che stesse bene. Ho fatto due passi in verticale sulla neve morbida, al terzo inconsapevolmente sono finito sul ghiaccio, erano uguali, una ventata più forte e sono volato all'istante anche io. Per fortuna puntando i piedi e le racchette sono riuscito a fermarmi in un nevaio, a rialzarmi per risalire (cosa a posteriori capisco impossibile) per tornare da Lilla. Vedevo C. oltre il nevaio cche voleva proseguire di traverso. Per mia fortuna anche Lilla e V. (che però fino alla fine non avevo riconosciuto) avevano deciso di scendere. Sono arrivati come due siluri, per me è stato uno spavento terribile perché mi sembrava non si potessero fermare. Da quel momento ho capito che eravamo soli. C. voleva che traversassimo, ho fatto due passi verso di lui e ho incontato di nuovo il ghiaccio. Ho subito pensato di tornare indietro e di non ripetere l'errore, se anche fossi passato io uno degli altri due sarebbe volato di nuovo, la montagna non avrebbe perdonato un'altra volta. Quindi ho deciso di scendere in verticale cercanto passo per passo la neve morbida. Tra l'altro per un attimo ho intravisto delle piante: puntavo a quelle. Cercavo di urlare e indicare a C. di fare la stessa cosa, di non proseguire di traverso. Per fortuna sentivo Lilla che urlava e incitava V.. Dava forza e tranquillità anche a me. V. non so se era esausto o spaventato ma letteralmente non stava in piedi. Continuava a franarmi tra le gambe, avevo paura che ci trascinasse di nuovo in un canale. Se solo fossi finito di nuovo sul ghiaccio sarebbe successo di sicuro. Dopo minuti interminabili siamo riusciti a raggiungere le piante e a compattarci con C.. Sentendomi salvo ho lasciato sfilare davanti Lilla e V., ormai il ghiaccio era finito. La tensione che mi teneva lucido è passata di colpo e mi prendevano dei tremori incredibili, avevo voglia di piangere pensando a quando avevo visto Lilla precipitare. In quel momento per caso ho visto una bacchetta e non so perché mi sono arrischiato ad andare a recuperla. Voltandomi a monte dopo averla raccolta ho visto una persona che procedeva faticosamente quasi strisciando nella neve. Continuavo a urlare per farmi vedere, ma non arrivava mai. V. e C. ormai erano nel panico totale e vedevo che volevano scendere. Solo Lilla mi aiutava. Io pensavo che ormai noi eravamo al sicuro e non c'era fretta di scappare, dovevamo aiutare questa persona. Quando finalmente la persona ci ha raggiunto strisciando e si è alzata ho riconosciuto sotto un maschera di sangue il volto di R.. Vedendolo così mi sono spaventato di nuovo, pensavo si fosse rotto le gambe, non sapevo come avremmo potuto portarlo a valle. A quel punto siamo ripartiti, R. sembrava non avesse più la forza di reagire. In un attimo rimaneva indietro, non riusciva a camminare. Dovevo continuamente fermarmi a incitarlo. Ad un certo punto in un avvallamento del terreno dove si doveva cambiare direzione ho dovuto scendere e risalire due volte per cercare di non perdere i 2 davanti, con Lilla che si manteneva in mezzo per darmi un riferimento. Io e Lilla stavamo fisicamente bene, eravamo coperti con le giacche integrali e quindi non avevamo parti ghiacciate. Gli altri con i cappellini erano maschere di ghiaccio. Il resto penso che già lo conosci. Se hai bisogno di altre informazioni non esitare a chiederle. Mauro E' l'ultima foto che abbiamo di Stefano, scattata da Mauro il giorno prima ################################################################################### Seguono due testimonianze di membri del soccorso alpino che hanno partecipato alle ricerche, trovate in rete. 114/12 Sicuramente c'e' stata leggerezza ed inesperienza in chi ha organizzato la gita e in chi ne ha preso parte ma dare responsabilita' precise x l'accaduto e' difficile. Tieni presente una cosa, riguardo alle condizioni: domenica mattina noi del soccorso alpino ci siamo divisi canaloni e versanti e abbiamo cercato di fare un lavoro organico e (x quanto possibile, vista la vastissima zona) preciso. Trovarlo in quel macello di neve accumulata e faggeta impenetrabile e canaloni innevati e' solo questione di culo. Io con altri 3 abbiamo risalito un canalone della zona sud-ovest, poi una faggeta e poi un canalino ghiacciato che sbucava a sx della vetta (la madonnina x intenderci), poi ridisceso sotto la vetta x pianori e ancora spazzato a pettine tutta la faggeta sottostante fino alla baracca di legno, e le condizioni erano veramente proibitive anche per noi: tratti di neve accumulata non trasformata (tipo zucchero) in cui sprofondavi fino alla cinta e anche piu', seguiti da zone di neve ghiacciata in cui i ramponi entravano ben poco; il tutto con temperatura di -14 gradi e un vento superiore a 60 nodi (mi han detto al pomeriggio che ci son state punte di 150 all'ora, non so se e' plausibile pero'), vento cosi' forte che nel canalino ghiacciato ad ogni raffica che arrivava dovevamo piantare la picca e appiattirci al suolo perche' come alzavi la testa volavi letteralmente via. Sulla cresta senza mascherina non potevi vedere e controvento a fatica si poteva respirare. In queste condizioni abbiamo svolto le ricerche (ed era bel tempo). Immagina questa comitiva che ha passato con la tormenta e il sopraggiungere del buio, visto che c'erano persone vestite con una semplice tuta (oltre al tizio in coma da ipotermia trovato in pantaloncini corti!). Io personalmente, viste le previsioni meteo x quei giorni, e visto come si stava evolvendo la giornata, forse non sarei neanche partito da casa, anche se c'era bel tempo, o al massimo avrei fatto dietrofront dopo poco. Finisco dicendo anche se vale poco che morire cosi', abbandonato da tutti, in preda al panico su un montarozzo appena segnato sulle carte, e' davvero davvero triste e misero, e pur di fronte alla morte che sempre e solo morte e', avrei preferito che morisse sulla nord dell'Eiger in invernale che sul monte Aiona che nessuno conosce. Forse proprio perche' non si chiamava Eiger ma Aiona e' successo tutto questo. E potevano essere trovati tutti morti se non avessero trovato quella capanna: se ne trovava uno qui e uno la' tutti assiderati. 17/12 Tempo non bello, visibilita' 20 metri in media (veramente pessima x una ricerca); tirava vento da sud, aria caricata di umidita' e arrivata in vetta sovraraffreddata (infatti in mezzo alla nebbia ci siam coperti di bianco che sembravamo vecchi). La zona sud sta trasformando ed e' bella compatta ( a parte soliti cumuli), la zona nord e' carica di neve non trasformata x cui son necessarie le ciaspole o le pelli (zone in cui si sprofonda 1 metro e piu'). Ormai le speranze di trovarlo si riducono al lumicino.... (…) in realta' la comitiva e' scesa tutta dal versante sud, quello che da' verso il mare e Borzonasca, e si e' trovata alla fine nella capanna di legno che sta appena sopra la strada sterrata che conduce al rifugio pratomollo. Lo scomparso e' stato visto x l'ultima volta praticamente appena sotto la madonnina della cima dell'Aiona lato sud, in evidente difficolta' e nel panico, e sembra fosse caduto e avesse il viso tumefatto. E' stato ritrovato il suo cappello (e' il suo con certezza) praticamente sulla cima, e pare siano suoi anche i bastoncini trovati poco sotto (ma su questo io personalmente ho i miei dubbi). Visto che a sud e' stato battuto ben bene e a lungo ci si sta concentrando anche sul nord (che cmq era stato visionato), molto meno probabile ma alla fine, nel delirio totale, non del tutto visto che il malcapitato potrebbe esser tornato sui suoi passi. Solo che io sono andato fin giu' ai laghi seguendo 2 sentieri molto segnati (uno con la doppia riga gialla, un altro in rosso con delle 'A') e su uno ho trovato le tracce di un mio compagno del giorno precedente, sull'altro proprio nulla di nulla...e anche da quel versante il bosco e' immenso e molto articolato, tra canali, versanti rocciosi e buche. 23/12 Ora io ammetto di non essere proprio Toni Egger e la mia esperienza invernale e' circa 1/50esimo di quella su roccia ma vi assicuro che con oltre 120 all'ora di tramontana e -14° su neve non trasformata accumulata mista a tratti in cui i ramponi si piantavano appena....beh...ho avuto di che pensare...immaginate quella comitiva li', che ha descritto su sito quel che ha descritto...la conclusione poteva essere una vera strage. Nicola - La Spezia ################################################################################### ################################################################################### Dal sito www.otpgea.it, ecco come veniva presentato Appennina 2005: Con piacere constato che una buona parte dei partecipanti storici hanno optato per la versione leggera. Ad oggi gli iscritti sono 21 sul percorso breve (24 posti disponibili) e 29 sulla lunga (37 disponibili). Considerato che appare oramai evidente che non sarà una passeggiata - visto l'innevamento conclamato - non sarebbe neanche male evitare il tutto esaurito. L'importante è raggiungere - cosa fatta - il pareggio sul costo del bus. Un paio di giorni prima della partenza ci sarà comunque un messaggio di ultima conferma su questa pagina. ________________________________________________________________ da Giovedì 8 a Domenica 11 Dicembre Due trekking in uno. Informazioni E, sempre dal sito www.otpgea.it, ecco come il 13 dicembre viene ricordato l'accaduto, in copertina: Il nostro caro amico Stefano è rimasto là, si è fatto tardi e non è ancora sceso. ################################################################ In questa terza pagina trovate le riflessioni A pag. 4 qualche foto di Stefano dal nostro archivio (e spedite da voi) |