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16 Settembre 2024 (512 / anno XXIV)
il cammino /290
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Dipinto di Rebecca M. Fullerton
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Ritorno dall’estate
Siamo tornati! Quest’anno ci siamo presi due mesi di sosta, e alcuni di voi erano preoccupati. Non vi abbiamo scritto, perché eravamo molto impegnati con le attività estive. Le attività della nostra associazione sono state impegnative, i nostri gruppi hanno camminato dalla Finlandia al Marocco, dalla Norvegia alla Sicilia. Gruppi di adulti e di ragazzi. Grande soddisfazione.
Io, invece, ho fatto l’hospitalero sul Cammino dei Briganti, e voglio portarvi una riflessione: molti camminatori affrontano i cammini con poca consapevolezza, senza una adeguata preparazione fisica, psicologica e nei materiali. Se ne vede di tante! Si potrebbe scrivere un libro. Per esempio: è stata una estate calda, caldissima. A quote montane c’erano temperature che solo venti anni fa consideravamo record nelle città più calde di pianura e solo per un giorno all’anno. Ovviamente i camminatori lo soffrivano. E come si organizzavano? Partendo alle 6 di mattina, come se fossero alpinisti, per terminare le tappe giornaliere al mezzodì. E passare l’intero pomeriggio a guardare il cellulare, bere birre, e nient’altro. Amici camminatori, i cammini sono belli se sono intensi, se si sta in cammino dalla mattina alla sera. Il cammino deve essere totalizzante, ti deve avvolgere come una spira. Se si entra e si esce dal cammino, non si è mai in cammino. Quindi partire presto (senza esagerare), ma poi fermarsi quando fa caldo, suddividendo la tappa in tanti transetti. Ho caldo? Mi fermo in paese all’ombra per un’ora per abbassare la temperatura corporea. Poi riparto. Ho di nuovo caldo? Mi fermo sotto un albero, e se incontro un pastore, mi fermo con lui a parlare. In questo modo vivo veramente il cammino e non metà cammino. Datevi una regola: mai arrivare al posto tappa prima delle 17. Vedrete che la qualità dei vostri cammini cambierà radicalmente.
Luca Gianotti
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In questo numero:
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In cammino con il cane al Giogo Casaglia
Ancora posti disponibili dal 22 al 26 ottobre per un cammino autunnale di 5 giorni con il cane, al Giogo Casaglia, parco del Mugello (Toscana). Le attività con i cani prevedono la libertà dal guinzaglio e la convivenza con altri soggetti e altri animali, per una migliore esperienza sociale del cane, e una crescita di cane e proprietario. La guida Tomas Pirani è consulente in zooantropologia applicata ed esperto in comportamento animale.
➤ Scheda dettagliata e iscrizione
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✔ Podcast da ascoltare: la Via del Tratturo
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Barbara Urizzi è giornalista intraprendente e scrupolosa, e ama camminare. Da tanti anni Barbara percorre cammini raccontandoli alla radio. Adesso si è specializzata nella creazione di podcast costruiti in cammino. Da anni partecipa ai viaggi della Compagnia dei Cammini, e ne racconta su Radio Capodistria e su podcast. A giugno 2024 ha camminato con noi sulla Via del Tratturo, con un gruppo guidato da Cesidio Pandolfi. Vi consigliamo di ascoltare le 6 puntate del podcast, le storie sono tante. Barbara fa parlare tante persone, Cesidio parla dell’orso e la vita degli orsi lungo il tratturo, Mariapia parla della storia della transumanza, Rita parla della cucina locale, un pastore della sua vita, Vincenza delle erbe officinali, e gli incontri in cammino sono sempre tanti, anche quello virtuale con Giorgetto. Barbara racconta la fatica del cammino, le sorprese, e i luoghi lungo il cammino: Pescasseroli, Villetta Barrea, Villa Scontrone, la Zittola, Pescolanciano, Civitanova del Sannio, Duronia, Castropignano, l’adrenalina del guado del fiume Biferno e l’arrivo a Campobasso. Barbara ci insegna che se ci aprono le orecchie (e i microfoni) le storie che un cammino ci racconta sono davvero tante e sempre diverse.
➤ Ecco il link al podcast sulla Via del tratturo.
Dal 28 settembre al 5 ottobre Cesidio accompagna un gruppo sulla Via del Tratturo, occasione imperdibile! Ecco la scheda dettagliata.
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✔ Una guida escursionistica non vedente
Grégoire Bouchetout, guida non vedente
La collaborazione con NoisyVision è una delle cose più belle che siano capitate alla Compagnia dei Cammini negli ultimi anni. Le nostre guide accompagnano gruppi inclusivi, in cui vedenti e non vedenti si fondono in cammini pieni di emozioni. Dalla Francia ci arriva una notizia interessante: può succedere anche il contrario. Che sia il non vedente ad accompagnare i vedenti. Grégoire Bouchetout, non vedente dalla nascita, accompagna sui monti dell’Alsazia gruppi di vedenti, ipovedenti e non vedenti.
È la nuova frontiera dell’inclusività!
Nello stesso articolo una novità tecnologica: Openway (già Navirando), è un’applicazione gps gratuita e accessibile su tutti gli smartphone, creata da Gérard Muller, che consente ai non vedenti di potersi muovere in autonomia soprattutto sui sentieri escursionistici, guidati da una voce che indica con precisione tutte le caratteristiche dei percorsi precedentemente rilevati e digitalizzati da chi li ha già percorsi.
“L’obiettivo è l’autonomia - spiega Gérard Muller -. Grazie a Openway, possiamo percorrere sentieri da soli, senza tenere il braccio di un vedente, solo con il nostro bastone per controllare il percorso e il suono del GPS. La vita è così, uscire di casa, godersi la natura, godersi la libertà…”
Ha digitalizzato numerosi sentieri, l’ultimo grande progetto fino a oggi lo rende orgoglioso: i 400 km del Cammino di Stevenson, tra Alvernia e Linguadoca-Rossiglione, fanno ora parte dei percorsi elencati su Openway.
➤ Un breve video in francese sulla notizia in questa pagina
➤ L’articolo competo di France 3 (in francese) da cui è tratta la notizia
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✔ Pilgrim pebbles, i sassi dei pellegrini
Come ci ha insegnato Luigi Nacci, il cammino ha i suoi riti, e i riti fanno parte del cammino. Un piccolo rito si sta diffondendo sui cammini europei, quello dei “pilgrim pebbles”, sassi colorati lasciati in punti strategici del cammino, come messaggio per gli altri camminatori. Si possono anche fotografare e postare sulle relative pagine Instagram e Facebook. I camminatori che seguono e li trovano, sono invitati a raccoglierli e spostarli in un altro punto del cammino, poi fotografarli e postare sui social. Così sarà possibile seguire sui social il percorso del sasso. O anche no, spostarli e basta. O solo osservarli. Cosa ne pensate di questo?
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✔ Condividiamo le buone pratiche
La mia scoperta più utile di quest’anno è stata il fornellino a legna pirolitico di cui ho parlato sul numero scorso. Qual è la scoperta più interessante che avete fatto nei vostri cammini di quest’anno? Avete una novità che vi ha colpito, nell’attrezzatura, abbigliamento, materiali da cammino? Volete condividerla con gli altri camminatori? Scrivete a luca@camminoprofondo.it e la pubblicheremo sui prossimi numeri de “Il Cammino”. Condividere saperi rende più felici.
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✔ Come ridare nuova vita alle giacche impermeabili
Dal sito Patagonia, consigli utilissimi per ridare vita alla giacca impermeabile: come lavarla e ridarle idrorepellenza, per farla durare più a lungo.
Dal sito Patagonia
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✔ Viaggi a piedi Compagnia dei Cammini
Disponibilità posti al 16 settembre (i viaggi qui non indicati sono completi o annullati)
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Luigi Nacci a Fahrenheit
Luigi Nacci, guida della Compagnia dei Cammini, ha presentato il suo primo romanzo “I dieci passi dell’addio” a Fahrenheit su Rai RadioTre. Se volete ascoltare, qui il podcast della trasmissione.
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✔ Meridiani speciale Presolana
È in edicola il nuovo Meridiani Montagne, dedicato alla Presolana, alla Val Seriana e alla Val di Scalve. Sono le Dolomiti lombarde, due valli da scoprire, sentieri in quota, ma anche strade bianche adatte alle due ruote, e la riscoperta di antichi sapori. Come sempre Mediani Montagne è una full immersion nello spirito dei luoghi, con suggestioni per le vostre visite, informazioni pratiche e una mappa inedita tutta da usare.
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✔ Appuntamenti nella natura e nel naturale
Documentario vincente per NoisyVision
NoisyVision è il titolo del documentario realizzato durante il cammino “Anche a Leo piace giallo”, cammino per adolescenti non vedenti organizzato da NoisyVision e accompagnato dalla guida della Compagnia dei Cammini Igor Grigis. È stata una esperienza memorabile, e il film sta avendo tanti riconoscimenti e premi a livello internazionale. La presentazione pubblica in prima assoluta avverrà a Milano il 25 settembre alle ore 18 al CAM Garibaldi. I posti sono limitati, e pare siano già esauriti. Ma si organizzeranno altre proiezioni, quindi tenetevi aggiornati sulla pagina web di NoisyVision.
La CdC cerca guida in Sicilia
La Compagnia dei Cammini vuole potenziare la propria presenza in Sicilia, quindi cerca una guida in quella regione. Che abbia esperienza di cammini di una settimana, itineranti, con zaino in spalla e la passione di accompagnarli. Mandare curriculum e lettera di presentazione a selezioneguide@cammini.eu.
La classe nomade d’Italia
Anche la Repubblica dedica una pagina al progetto Strade Maestre, la classe sperimentale che parte oggi per un anno scolastico itinerante in cammino. Progetto che vede anche la Compagnia dei Cammini tra gli enti sostenitori. Auguriamo ai ragazzi e ai docenti buon cammino e buon anno scolastico!
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✔ Lettere
Di ritorno dal cammino a Ikaria
« Ho una piccola spina di Ikarìa conficcata nell’anulare destro, che ha ripreso a pungere proprio oggi, il giorno del ritorno. Mi ricorda che dolore, gioia, spasso, cadute, bellezza, libertà devono necessariamente andare insieme.
In ordine sparso, di questo mio primo cammino non posso dimenticare le verdure e la risata di Zacharìas, un fauno impossibile da domare, contenere, controllare.
Non posso dimenticare le rughe, gli occhi, la voce e il modo di annuire di Giovanni, che abbiamo incontrato prima a Kampos e poi, per caso, sulla strada verso il monastero. “Ciao ragazzi!”, abbiamo sentito. Ci ha offerto dell’uva, un refrigerio per i nostri cuori accaldati.
Non posso dimenticare il volto di Marios, i suoi baffi e la sua espressione. “Questi soldi verranno spesi bene, dobbiamo finanziare la squadra di calcio, soprattutto quella femminile. Dove giocano anche donne che hanno appena partorito e che allattano mentre sono in panchina”, ci ha detto prima di salutarci.
Non posso dimenticare la gioia che è sgorgata dal mio cuore nel raggiungere la prima cittadina dopo ore di cammino nella polvere, sotto il sole rovente: acqua fresca da bere e un mare in cui tuffarsi, le nostre menti e i nostri piedi stanchi non chiedevano altro.
Non posso dimenticare le parole di Raffaella mentre ci godevamo gli ultimi raggi di sole sulla spiaggia vicino ad Armenistis.
Non posso dimenticare la “crociera paradiso” di Ghianis e il suo rifugio di montagna. Una casa per hobbit.
Non posso dimenticare la pietra calda che ha accolto la mia schiena a 800 metri di altitudine, dopo 6 giorni di cammino.
Non posso dimenticare la fettina di limone che ci ha offerto Freedom durante una delle giornate di cammino, per dissetarci meglio.
Non posso dimenticare la compagnia di Valter, le sue conoscenze e il suo modo di fare unico, autentico e inimitabile.
Non posso dimenticare l’eleganza di Lucia e neanche quella di Alessandra, la ballerina, la piccolina, la saggia.
Non posso dimenticare la polvere che ho respirato e che ancora impregna i miei capelli, i miei vestiti e il mio zaino.
Non posso dimenticare i colori che ho visto, gli odori che ho sentito, le erbe che ho assaggiato.
Non posso dimenticare le lacrime prima di ripartire, il tempo dilatato, una settimana come un mese, le stelle.
Non posso dimenticare il piacere della compagnia e, parimenti, quello del silenzio.
Non posso dimenticare alcuni sguardi seri e altri sorridenti.
Non posso dimenticare Ikarìa e il suo vento, la sua indipendenza, i suoi spigoli. Che poi sono i nostri spigoli, quelli con cui tocca fare i conti.
Cambio pelle con dolorosa consapevolezza e con infinita gratitudine verso chi ci ha ospitato senza emulare, esagerare o tentare di compiacere. Semplicemente offrendoci quel che c’era, che era quello di cui avevo bisogno. Giorno dopo giorno, momento dopo momento. Nel qui e ora che a Ikarìa dura un tempo infinito.
Forse è questo il semplice segreto dell’isola di lunga vita. »
Sara
Di ritorno dal viaggio in Mongolia
« A Ulaanbatar sono passate da poco le 22. Piove.
Piove una pioggia fredda, primaverile, spessa. Ci divide da noi stessi e si addensa al suolo, dove forma pozzanghere e scorre sull’asfalto senza poter defluire in tombini blindati o inesistenti (ignoro la ratio del sistema fognario di questa “Gotham City”, come l’ha soprannominata qualcuno intravedendone l’immenso brulicare di luci: una capitale da un milione e mezzo di abitanti – poco meno di metà dell’intera popolazione del paese – in crescita vertiginosa e disordinata, che continua ad attrarre persone con il miraggio di migliori condizioni di vita).
L’abbraccio fra noi, quello vero, che certifica e sigilla quanto vissuto insieme, visto, digerito, camminato, trasformato in muscoli e cuore e sudore e respiri, detto, taciuto, c’è già stato.
Alla fine del cammino, a un’ora di volo da qui.
Ora, tra spianate postsovietiche, birre agognate, palazzi istituzionali, ultimi piatti della tradizione locale e architettura in vetrocemento, si tratta solo di lasciar sgocciolare le ore che separano dal ritorno in Occidente; la magia si mescola alle piccole pratiche per la partenza e ai pensieri delle prossime incombenze.
Uno per il Cielo
Uno per la Terra
Uno per dove nasce la neve
Uno per quando si leva il sole
Uno per dove corrono gli argali
Uno per l’ora di rientrare nella tana
Uno per la Terra
Uno per il Cielo
La pioggia la vedi arrivare. È come sul mare, e non solo perché gli orizzonti qui sono talmente vasti che puoi camminargli incontro senza raggiungerli mai, senza vedere cosa c’è oltre. Vedi arrivare la pioggia, monti la tenda in fretta, picchetti contro il vento e corde tese e poi ti chiudi dentro e non era vero: la pioggia ti è passata sopra la testa ed è andata da qualche altra parte.
A giocare col sole per cambiare l’azzurro dell’Ureg Nuur, il “lago celeste” impossibile da fotografare (ho un’istantanea indimenticabile – solo negli occhi – di questa pozza di blu, con le propaggini rocciose a ovest che digradano verso le rive, e di fronte, appena dietro le cime di quelle basse montagne, la sconosciuta terra russa).
A ingrossare i fiumi da guadare, torrenti e ruscelli che abbiamo guadato più volte, in tutti i modi: saltando da un masso all’altro (spostato, alla bisogna, a mani nude senza apparente sforzo dai nostri amici mongoli) con gli scarponi ai piedi e senza – l’acqua gelida che addormenta la sensibilità dei nervi e risveglia il sangue e l’energia in circolazione con una staffilata dritta al cervello –, a cavallo (piccoli, sani, affidabili compagni, forti perché sopravvissuti, anche stavolta, all’inverno che da queste parti fa -50° e il nulla intorno), con jeep dalle sospensioni improbabili e video di musica moderna nell’abitacolo, stipati con i bagagli in UAZ-452 di produzione russa a trazione integrale.
Tutto per andare avanti.
Tutto per tornare indietro, sul greto del tardo pomeriggio, col vento fresco sulla pelle e l’acqua pulita che lava la fatica e i passi. Ogni giorno. Una pausa da tutto, anche da se stessi. Un lasciarsi andare.
Di valle in valle – che noi non abbiamo onori per sperare nel riposo di essere sepolti, un giorno, con una pietra tagliata dalle montagne e un cumulo di sassi, intorno a cui girare in senso orario in segno di rispetto e gratitudine. Di ghèr in ghèr.
Shinee che va avanti a parlamentare in nostro nome, per chiedere l’ingresso, il lasciapassare per l’ospitalità nomade. “Il capofamiglia non c’è, la moglie ha detto che va bene, ma la tenda è piccola e non possono ospitarci tutti. Chi ha voglia di incontrare questa giovane famiglia?”.
Entro. Il tè con latte e farina è già preparato nel thermos, non assistiamo al rito dell’aggiunta progressiva di burro nel calderone bollente, al lancio di piccoli sorsi che sfrigolano sulla stufa ai punti cardinali e poi in aria, verso l’apertura centrale della ghèr, di buon augurio, per propiziarsi il cielo.
Ci accontentiamo di pensare che il cielo ci è benevolo, visto che ci ha portato qui sani e salvi, a vivere questo momento unico fra gli altri, così simili nella loro ripetizione, ognuno diverso.
Ci viene data una scodella a testa, siamo in pochi. La bevanda è più salata del solito, più buona del solito. Ne prendo ancora. Immergiamo a turno i biscotti fritti nel bidoncino giallo del burro di yak. È la prima volta che lo assaggiamo.
Torna il padrone di casa e si siede al posto che gli è riservato, davanti al mobile degli antenati. Ha un viso scarno e asimmetrico, asciugato dal vento della steppa, occhi scuri, mobili e schivi: non li fissa a lungo sui volti che lo circondano, ma quando lo fa è uno sguardo penetrante e attento, rivolto per lo più verso la metà della ghèr occupata dagli uomini. Parla solo con loro, è così che funziona qui.
Noi dovremmo parlare fra donne, forse, ma non abbiamo una lingua comune, se non i gesti e i sorrisi, e quell’aria di lieve imbarazzo data dalla scarsa conoscenza degli usi locali, dalla consapevolezza di non appartenere a un mondo semplice e potente, di cui sentiamo tutta la presenza e la forza.
Qualcuno chiede al padrone di casa quanti anni hanno i figli: 6 il maschietto che ci è venuto incontro a cavallo, 3 la bimba, che ora gioca sulle ginocchia della mamma, ribaltandosi sulla schiena e lasciandosi riprendere per le braccia, in una totale fiducia. Non si guardano quasi, ma hanno un contatto totale, un legame palpabile.
Tre anni… quasi inconsapevolmente, vengo attraversata da un pensiero che prende forma poco a poco, una domanda. La lancio nel silenzio in controluce, verso l’apertura della ghèr, vicino a dove sono accovacciate, osservandole piano. Secondo Micha, sembra che i nomadi siano telepatici, o comunque riescano a comunicare tra loro a distanza in qualche arcano modo.
Ripenso alla prima notte a Ulaanbatar, preoccupata per la stanchezza e per il mio ginocchio, quando avevo sognato di prendere mia nonna sottobraccio e avviarmi con lei verso casa, lei che aveva appena raccolto una manciata di foglie d’alloro dalla pianta in giardino. Un essersi accanto da chissà dove.
Pochi minuti dopo, Shinee ci fa capire che è ora di riprendere il cammino. Ci alziamo ringraziando e ci avviamo all’uscita, seguiti da tutta la famiglia per una foto davanti alla porta della ghèr.
Ma io ho fatto in tempo a vedere per un attimo la madre sollevare con discrezione un angolo della maglia, la bimba rivolta verso il suo petto. Mi ha sorriso in silenzio.
Una risposta solo per me. »
Gloria
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✔ Il video finale
Elena ha percorso il Cammino dei Briganti in solitaria in agosto, e condivide con noi un video che spiega perché ama camminare da sola.
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